DALLE CARTE ALLE STORIE LIBERATE
da “I DIARI DI CINECLUB, n.75, settembre 2019 (puoi scaricare gratuitamente l’ultimo numero della rivista cliccando QUI)
di Vittorio Gazale
Il protagonismo dei detenuti. Associazione Oltre i muri. Volontari a Bancali (Casa circondariale di Sassari)
“Dalle carte alle storie liberate” è un lavoro artistico-letterario iniziato il 5 marzo 2012 nella Casa Circondariale di Sassari che trae origine e ispirazione da un importante progetto di recupero e di digitalizzazione di vecchi documenti d’archivio abbandonati negli scantinati umidi del vecchio carcere di San Sebastiano.
Un lavoro di ricostruzione storica svolto direttamente dalla popolazione reclusa (17 detenuti, retribuiti con una borsa lavoro e che hanno usufruito dell’art. 21 o.p.) che ha abbracciato un lungo arco di tempo, dal 1860 ad oggi, con il detenuto sempre al centro della narrazione.
Lo studio è stato realizzato grazie a due articolati progetti Por finanziati dall’Unione Europea: Digitalizzazione (P.O. Fesr 2007-2013 Tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Digitalizzazione archivi ex Colonie Penali della Sardegna, capofila Regione Sardegna) e Liberamente (P.O. Fse 2014-2020 Luoghi Identitari: Bellezze ed Emozioni con i RAcconti e le MEmorie Nascoste nei Territori, capofila Ifold).
Sono state analizzate decine di migliaia di carte e di documenti sull’organizzazione carceraria, sulla complessità della struttura, sul rapporto con il territorio, sull’amara quotidianità vissuta dagli uomini di pena.
Nel corso della ricerca sono state selezionate le testimonianze più significative sul piano documentale ed emotivo tra le storie, i pensieri e le lettere dei reclusi, per lo più censurate, provenienti da ogni parte d’Italia.
Uno straordinario caleidoscopio di vite umane, località e curiosi aneddoti, affiorato dai numerosi fascicoli custoditi negli archivi. In carcere le diverse anime della società civile si incontrano, si contaminano, provano a convivere.
Nella stessa camerata si possono trovare l’analfabeta, il professore, lo scrittore, l’eroe militare, lo stalker, l’assassino, storie diverse, di vite dimenticate, di soprusi, di violenze, di emarginazione, di errori giudiziari.
Lo studio è stato accompagnato dalla pubblicazione di alcuni volumi tematici, monografie dedicate all’architettura penitenziaria (Peghin e Zini, 2015), alla realtà di una Colonia Penale (Tedde et al., 2014), alla vita di alcuni detenuti come Bachisio Falconi (Gazale e Peddio, 2015) e Marcello Perucci (Gazale e Serra, 2015), al ruolo della bonifica agraria (Farris e Tedde, 2016), sino alla realizzazione di un volume di sintesi di grande formato, di circa 400 pagine, contenente una selezione di diverse centinaia di documenti d’archivio, foto storiche e immagini attuali (Gazale e Tedde, 2016).
Molte di queste storie, rimaste per decenni sommerse dalla polvere negli scantinati dei penitenziari, sono così tornate a nuova vita e meritavano l’eco più vasta.
Si è così deciso di rivisitarle attraverso diverse forme artistiche, dalla rilettura poetica realizzata dalla sensibilità del cantautore Piero Marras, allo storytelling, con innovative tecnologie video-immersive, fino alla drammatizzazione teatrale e cinematografica effettuata direttamente dai detenuti, dietro la guida dei registi Alessandro Gazale e Bonifacio Angius.
In questo modo, oltre i ragazzi che hanno potuto usufruire dell’art. 21 dell’o.p., è stato possibile coinvolgere nell’attività artistica anche una ventina di detenuti di lunga pena all’interno della struttura carceraria di Bancali e integrare il racconto delle storie carcerarie con le loro riflessioni ed esperienze di vita vissuta.
Il lavoro di drammatizzazione teatrale ha avuto inizio nel 2017, con l’elaborazione di una prima bozza di copione teatrale, successivamente affinata durante le prove di recitazione.
Sono state ideate e realizzate le scene ed i costumi ed allestito infine un palco temporaneo per le prove e la recita finale, andata in scena per la prima volta a Bancali il 30 maggio 2018 davanti a circa 200 spettatori entusiasti.
Il copione è quindi il risultato di un racconto vero di storie di vita di carcerati di ieri e di oggi, delle privazioni, della ribellione, del pentimento, del rammarico, delle atmosfere vissute nella mancanza di libertà, dell’assenza dei propri affetti.
Infine, l’introduzione di alcune telecamere guidate dal regista Bonifacio Angius durante il lavoro di drammatizzazione, ha offerto ai detenuti un’ulteriore opportunità di comunicazione, la possibilità di raccontare e di trasmettere quelle emozioni e quei sentimenti più profondi, tristemente rimossi e repressi dalla chiusura carceraria.
Il carcere, oltre che un luogo di reclusione per individui riconosciuti colpevoli di reati, è così diventato anche uno straordinario laboratorio creativo.
Gli attori detenuti sono stati infatti capaci di esprimere un’autenticità raramente riscontrabile in un professionista, una spontaneità e un’immediatezza che si fa evidente nei lapsus, negli scherzi, negli approcci.
La forza e la magia della popolazione detenuta, si è manifestata nel carico di “energia potenziale” che si è riversata nella scena, un condensato di sofferenza e frustrazione, che ha trovato nella drammatizzazione teatrale finalmente la possibilità di esprimersi e sprigionarsi.
Si è osservato il libero flusso di emozioni e sentimenti rimossi e soffocati e la partecipazione allo scambio verso gli altri. Il teatro in carcere è una di quelle attività che maggiormente riesce a trasformare tutti i pensieri negativi in energia positiva che coinvolge il corpo, la mente e la parola.
E’ uno strumento aggregativo che costruisce un ponte verso l’esterno, che influenza positivamente la relazione tra il detenuto e la società civile e allontana gli stili del mondo della criminalità.
Anche il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (ordine di servizio del 14 aprile 2004) considera da anni il teatro come un metaobiettivo del trattamento in quanto garantisce al detenuto la libertà di esprimersi attraverso il linguaggio del corpo e ne evidenzia l’effetto socializzante.
Come sottolineato da altri Autori (Giordano et al., 2017), l’attività teatrale in carcere richiede un grande lavoro introspettivo e di maturazione e presuppone la responsabilizzazione e l’impegno di ogni singolo detenuto nei confronti dei propri colleghi attori, supportandoli nei momenti di difficoltà.
Per mettere in scena uno spettacolo è importante la collaborazione di tutti, da coloro che sono impegnati nella scrittura del copione, ai tecnici del suono e delle luci, agli scenografi, ai costumisti, agli attori: tutti hanno un ruolo che devono svolgere al meglio per la buona riuscita del prodotto finale.
®Riproduzione Riservata
Vittorio Gazale: naturalista ecologo, esperto in gestione di aree naturali protette. È attualmente responsabile dell’Area Marina Protetta del Parco Nazionale dell’Asinara ed è stato Direttore del Parco Regionale di Porto Conte, entrambi importanti ex Colonie Penali della Sardegna.
Ha coordinato diversi progetti internazionali di valorizzazione del territorio, tra cui il Por Fesr 2007-2013 Digitalizzazione atti ex Colonie Penali della Sardegna che ha permesso il recupero dei vecchi archivi carcerari e la realizzazione dell’Osservatorio della memoria di Cala d’Oliva nell’isola dell’Asinara, del museo multimediale del carcere di Tramariglio “Giuseppe Tomasiello” e di implementare il museo dell’ex Colonia Penale di Castiadas.
Dal 2012 collabora come volontario con la Casa Circondariale di Sassari (San Sebastiano e Bancali).Fa parte della cabina di regia del progetto Por Fse 2014-2020 L.i.b.e.ra.me.n.te., dedicato alla promozione del sistema delle Colonie Penali della Sardegna, ed è tra i promotori della manifestazione “Colonie aperte”.
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Proprio una bella cosa
Gran lavoro!