TAKAO YAGUCHI – ci lascia il papà di Sampei

da “I DIARI DI CINECLUB, n.90, GENNAIO 2021 (puoi scaricare gratuitamente l’ultimo numero della rivista cliccando QUI)

L’albero del manga continua a perdere, una dopo l’altra, le sue migliori foglie. Dopo la scomparsa negli ultimi tempi del veterano Mizuki Shigeru, di Azuma Hideo – padre di Pollon “la Dea dell’Olimpo” – e di Matsumoto Izumi, creatore di Orange Road, un altro grande autore della vecchia guardia, Takao Yaguchi, è passato a miglior vita lo scorso Novembre 2020, all’età di 81 anni.

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Locandina per una mostra di tavole originali in corso al Mangattan fino al 2021, museo dedicato alla memoria di Shotaro Ishinomori, padre del tokusatsu, spazio espositivo di cui Yaguchi è stato curatore.

Yaguchi, pseudonimo di Takahashi Takao, dopo alcuni anni di gavetta durante i quali forgia il proprio stile, si fa notare al grande pubblico nipponico nel 1973, pubblicando a puntate una atipica serie a fumetti intitolata Tsurikichi Sanpei, che narra le gesta quotidiane di un giovane di campagna appassionato di pesca.

All’interno della cronologia mediatica giapponese, gli anni settanta rappresentano una decade di cambiamenti, sperimentalismi e trasgressioni. È in quel periodo che nel mondo del cinema esplode la corrente anticonformista. Pullulano pink-movie e film di protesta socio-politica e si fanno in tal modo strada registi innovativi come Oshima Nagisa, Terayama Shuji e Adachi Masao, che si esprimono realizzando pellicole surrealiste e provocatorie.

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In televisione ottiene gran successo un nuovo format noto come tokusatsu, un filone seriale fantascentifico di stampo action, caratterizzato dall’uso massiccio di effetti speciali, in cui si ascrivono Kamen Rider, Ultraman
e i Super Sentai, ispiratori dei Power Rangers americani.

L’industria del fumetto, invece, vira verso tematiche più mature che ribaltano le convenzioni sociali e narrative, fino a quel momento rispettate da autori e editori. È il boom del gekiga, il fumetto drammatico nato come alternativa al manga più commerciale, e di Garo, rivista che accoglie sulle sue pagine le firme più disparate del fumetto d’avanguardia, da Tatsumi Yoshihiro e Tsuge Yoshiharu ai visionari Hayashi Seiichi e Sasaki Maki.

Ed è proprio su Garo che Yaguchi compie il suo debutto, arrivando, di lì a poco, a collaborare anche con Ikki Kajiwara, autore del celeberrimo L’uomo tigre. Nell’anno in cui Yaguchi inizia a serializzare Tsukirichi Sanpei sulle pagine di Shonen Magazine della Kodansha, sulla stessa rivista sono ospitate a puntate opere potenti e innovative come Devilman e Violence Jack di Go Nagai, Ashita no Joe (noto in Italia come Rocky Joe) disegnato da Chiba Tetsuya, nonché Gegege no Kitaro di Mizuki Shigeru.

In questo marasma di titoli che puntano sulla sperimentazione, sfruttando la rabbia di quegli anni, la realizzazione di un’opera come Sanpei (in Italia Sampei), dalle tematiche ambientaliste e dal setting rurale, distante dalla brama di modernità dei lettori, appare quanto mai anacronistica.

Eppure, è proprio per questa sua apparente semplicità, che omaggia il fascino senza tempo della natura e l’amore per il furusato, il luogo natìo, unita allo stile fresco e entusiasmante di Yaguchi, che Tsukirichi Sanpei (Sampei) fa incetta di premi e viene portato sul piccolo schermo dalla prestigiosa Nippon Animation.

È questa stessa serie animata, giunta in Italia nel 1982, a rendere iconico il pescatore “dalle grandi orecchie a sventola” di Yaguchi, conquistando generazioni di spettatori nostalgici. Eppure, malgrado la popolarità nel Bel Paese delle avventure animate di Sampei, lo Yaguchi fumettista resta tuttora poco conosciuto al pubblico, essendo rimasta inedita la serie originale di Sampei, composta da oltre 60 albi.

Tuttavia, nel 2007 la bolognese Kappa Edizioni porta sugli scaffali Tezuka, magnifico volume di Yaguchi dalla duplice valenza, che si prefigge al contempo di essere un’autobiografia e un sentito omaggio al fumetto quale mezzo espressivo nel corso delle epoche, incarnato da Tezuka Osamu, il Dio del manga, scomparso nel 1989, senza il quale Yaguchi non avrebbe mai mosso i suoi passi verso il mondo dell’arte sequenziale.

Ali Raffaele Matar

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