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HATTIE MCDANIEL – LA STORIA DI “MAMI”

da “I DIARI DI CINECLUB, n.69, febbraio 2019 (puoi scaricare gratuitamente l’ultimo numero della rivista cliccando QUI)

di Virginio Zanolla

La concezione che abbiamo degli attori cinematografici inclina sovente alla loro mitologizzazione: fatto comprensibile, se non fosse che così facendo tendiamo a scordarci dell’umanità delle loro nature, in quanto le loro vicende esistenziali hanno spesso contemplato momenti di tristezza, umiliazione, sconforto.

Ecco l’esempio di un’attrice americana che, pur se nota al pubblico italiano (grazie però a un solo film), nella sostanza ad esso risulta, paradossalmente, quasi sconosciuta: Hattie McDaniel, la ‘Mami’ di “Via col vento”.

Nata nella futura capitale mondiale dell’aeronautica, cioè a Wichita, in Kansas, il 10 giugno 1895, Hattie era l’ultima dei tredici figli di Henry, un ex schiavo emancipato durante la guerra civile americana che combatté in un reggimento formato da soldati di colore, e di Susan Holbert, una cantante di musica religiosa.

Quand’ella non contava ancora due anni, la sua famiglia si trasferì a Fort Collins, in Colorado, quindi a Denver; qui Hattie si diplomò alla Denver East High School, un’istituto fondato nel 1876 dove non guardavano al colore della pelle, presso il quale studiarono, tra i molti, il jazzista Paul Whiteman, Mamie Geneva Doud, futura signora Eisenhower, e altri attori come Douglas Fairbanks, Harold Lloyd e Ward Bond.

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Hattie McDaniel

Tra i suoi fratelli, anche Sam ed Etta furono attori cinematografici, e Otis musicista. Hattie esordì giovanissima in palcoscenico come cantante nei concerti gospel allestiti dal padre col determinante apporto di quest’ultimo, ma nel 1916, trentaquattrenne, Otis morì, e quegli spettacoli persero interesse: ella tornò a esibirsi in pubblico solo nel 1920, quando entrò come vocalist nella band di colore Melody Hounds fondata dal nero George Morrison, un violinista e stimato insegnante di musica, grazie al quale nel ’24 cantò con successo alla stazione KOA di Denver, prima artista nera ad esibirsi in una trasmissione radiofonica.

Con Morrison e i Melody Hounds tra il 1926 e il ’29 Hattie registrò anche sedici canzoni, prima per l’etichetta Meritt di Kansas City, poi per la Okeh Records e per la Paramount Records, entrambe di Chicago: le dieci pubblicate in dischi forniscono un esauriente esempio della qualità della sua voce calda e potente.

Per lei, come per moltissimi altri americani, i guai iniziarono il 29 ottobre del ’29, col “martedì nero” che segnò il crollo della borsa di Wall Street: trovatasi all’improvviso senza lavoro, per sbarcare il lunario Hattie dovette adattarsi a svolgere le mansioni più umili. Dopo molto peregrinare trovò un’occupazione come cameriera addetta alla pulizia dei bagni nel Club Madrid di Milwaukee, nel Winsconsin: un ritrovo frequentato da una clientela piuttosto eterogenea (tra cui, pare, Al Capone e altri gangsters), dove giravano bevande alcoliche allora proibite, si giocava d’azzardo, e nel quale si esibivano musicisti e cantanti; sicché presto Hattie, vincendo la resistenza dei proprietari, i fratelli Pick, riuscì a proporsi sulla ribalta del suo palcoscenico, riscuotendo ampi consensi, tanto che vi lavorò come cantante per circa un anno.

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Hattie McDaniel da ragazza

Nel ’31 decise di raggiungere i fratelli Sam, Etta ed Orlena, che vivevano a Los Angeles impegnati con varie mansioni del dorato mondo di Hollywood, ma non ancora sul set. Farsi strada in quell’ambiente sofisticato per lei non fu facile, tanto che nei primi tempi lavorò ancora come cameriera e fece anche la cuoca.

Grazie a Sam, che partecipava a un programma radiofonico della KNX, The Optimistic Do-Nut Hour, poté prendervi anch’essa parte nel ruolo d’una cameriera prepotente, ottenendo discreta popolarità ma un modestissimo corrispettivo economico. Se il fisico esuberante le fu d’impaccio, contribuì però a caratterizzarla, finché nel ’32 Hattie poté finalmente esordire nel cinema come attrice, nel ruolo d’una cameriera, sul set del western L’occidente d’oro (The Golden West) di David Howard.

Negli anni che seguirono ebbe poi piccole parti, anche se a volte significative, perlopiù nel ruolo di domestica, anche in pellicole di successo come la commedia musicale Non sono un angelo (I’m No Angel,’33) di Wesley Ruggles, che impose all’attenzione Mae West; la commedia Il giudice (Judge Priest, ’34) di John Ford, dov’ebbe finalmente modo di mettersi in luce cantando in duetto col protagonista Will Rogers, con cui strinse una bella amicizia; Il piccolo colonnello (The Little Colonel, ’35) di David Butler, altra commedia musicale con Shirley Temple, Lionel Barrymore e Bill Robinson; l’avventuroso Sui mari della Cina (China Seas, id.) di Tay Garnett, accanto a Jean Harlow, Clark Gable e Wallace Beery; e il romantico Primo amore (Alice Adams, id.) di George Stevens, con Katharine Hepburn e Fred McMurray, dove la sua Malena Burns indispettì molti spettatori bianchi del Sud di vedute razziste, perché con la sua simpatica petulanza ‘rubava le battute’ alla protagonista.

In quegli anni lavorò moltissimo anche in ruoli non accreditati: giacché se i film in cui è presente col nome ammontano a circa trentacinque, il totale delle sue partecipazioni supera il centinaio di titoli. Nel ’34 Hattie aderì all’appena fondato Screen Actors Guild, il sindacato degli attori, ciò che le conferì maggiore credito.

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Hattie McDaniel con Shirley Temple (1935)

Tra le sue interpretazioni di rilievo nella seconda metà degli anni Trenta sono da ricordare almeno il ruolo di Queenie ne La canzone di Magnolia (Show Boat, ’36) di James Whale, un musical dov’ebbe di nuovo occasione di cantare, quello di Rosetta in Saratoga (id., ’35) di Jack Conway, in cui ritrovò la Harlow, Gable e Lionel Barrymore, e quello di Hilda ne Il terzo delitto (The Mad Miss Manton, ’38) di Leigh Jason, accanto a Barbara Stanwyck ed Henry Fonda.

Ma la parte dove il suo talento rifulse meglio fu quella della domestica Mami in Via col vento (Gone with the Wind, ’39) di Victor Fleming, che le ha assicurato l’immortalità cinematografica. Ottenere quel ruolo fu complicato. Hattie si presentò al provino vestita proprio da domestica del Sud; avendo interpretato fino allora perlopiù ruoli comici, era persuasa che sarebbe stata scartata: venne invece prescelta; ma quando i giochi sembravano fatti, si mise di mezzo addirittura la first lady Eleanor Roosevelt, che contattò il produttore del film David Selznick per caldeggiare nella parte la scelta della sua governante, Elizabeth McDuffie.

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Hattie McDaniel e Vivien Leigh (Via col vento, 1939)

Se la parte venne definitivamente assegnata ad Hattie fu per merito di Clark Gable, che avendo già lavorato due volte con lei e stimandola molto, insisté con Selznick affinché la scegliesse, e lo persuase. Questi non si pentì della scelta, perché uno dei nove Oscar ottenuti dal film, quello per la miglior attrice non protagonista, andò proprio ad Hattie, che fu la prima attrice afroamericana della storia del cinema a ottenerlo: riconoscimento di cui ella fu profondamente toccata.

Per lei le cose non filarono del tutto lisce fin dalla sera della proiezione inaugurale del film, avvenuta venerdì 15 dicembre ’39 al Loew’s Grand Theatre di Peachtree Street ad Atlanta: giacché a causa delle assurde leggi sulla segregazione razziale allora vigenti in Georgia, Selznick si vide costretto a sconsigliarle di presenziare: alla notizia, Clark Gable, essendo molto amico di Hattie (era infatti uno dei pochi bianchi sempre presente alle sue feste) minacciò di non farsi vedere ad Atlanta neanche lui, e fu proprio lei a pregarlo di recarcisi.

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Hattie McDaniel riceve l’Oscar dall’attrice Fay Banter (29-2-1940)

L’autrice di Via col vento, Margaret Mitchell, poi le inviò un telegramma di congratulazioni che diceva: “Vorrei avesse sentito gli applausi”. Per rimediare allo sgarbo a cui era stato costretto, Selznick invitò Hattie al debutto hollywoodiano del film, il 28 dicembre, e fece porre la sua immagine bene in vista nelle locandine. Selznick mostrò coraggio anche la sera del 29 febbraio ’40, alla cerimonia di premiazione degli Oscar, avvenuta presso il ristorante Coconut Grove dell’Hotel Ambassador di Los Angeles, impuntandosi affinché anch’ella fosse presente: del resto, sarebbe stato assurdo conferirle un premio per poi non accettare che lo ricevesse pubblicamente.

Lei e il suo cavaliere, però, assieme al suo manager, il bianco William Meiklejohn, vennero fatti sedere a un tavolo separato, ben distante da quelli in cui trovavano posto il regista, Vivien Leigh, Olivia de Havilland, Leslie Howard, Clark Gable, Thomas Mitchell e gli altri protagonisti del film. Il breve discorso che ella pronunciò per ringraziare del conferimento del premio fu giudicato il migliore della serata. Circa il suo personaggio, disse alla stampa: “Ho amato Mami. Penso d’averla compresa perché mia nonna lavorava in una piantagione non diversa da Tara”.

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Hattie McDaniel, Olivia de Havilland e Vivien Leigh

Ma l’eccellenza della sua interpretazione, che dispiacque ai bianchi razzisti del Sud per le libertà che Mami si prendeva nel trattare con Rossella, provocò acredine anche da parte dei neri impegnati nella lotta per il riconoscimento dei loro diritti civili, i quali sostennero che l’attrice avesse accettato passivamente il suo ruolo, conformandosi al cliché della domestica nera nelle famiglie patriarcali del Sud, ciò che era manifestamente falso, e definendola per questo “lo zio Tom dei bianchi”.

Sicché per assurdo Hattie si vide criticata dai due opposti schieramenti. Ella si difese replicando: “Perché dovrei sentirmi in colpa se interpretando una cameriera guadagno 700 dollari alla settimana? Non l’avessi fatto, ne guadagnerei 7 a settimana lavorando come una vera donna di servizio”.

Solo nel 1947 accettò di entrare nel NAGA (Negro Actors Guild of America), il sindacato degli attori di colore. Dopo il conferimento dell’Oscar, Hattie proseguì la carriera nel cinema, apparendo con ruoli di prestigio in film quali In questa nostra vita (In This Our Life, ’42) di John Huston, accanto a Bette Davis e Olivia de Havilland, nel musical Sotto le stelle di Hollywood (Thank You Lucky stars, ’43) di David Butler, con Humphrey Bogart e la Davis, fino a La signorina rompicollo (Mickey, ’48) di Ralph Murphy e Abbandonata in viaggio di nozze (Family Honeymoon,’49) di Claude Binyon, due commedie che furono tra le sue ultime interpretazioni.

Lavorò con successo pure in radio e in televisione, e durante la seconda guerra mondiale intrattenne con spettacoli le truppe di colore (giacché non le fu permesso farlo per quelle di bianchi), e visitò spesso i soldati degenti negli ospedali. Bette Davis, di cui era amica, fu l’unica attrice bianca a esibirsi con lei; oltre che con lei e con Gable, Hattie ebbe rapporti d’amicizia anche con Henry Fonda, Joan Crawford, Ronald Reagan, Shirley Temple e Olivia de Havilland, mentre con la grande attrice di prosa Tallulah Bankhead, notoriamente lesbica, si dice abbia avuto una breve relazione.

Hattie McDaniel con il suo terzo marito James Lloyd Crawford

Nella sua vita si sposò quattro volte, ma non fu fortunata: il 19 gennaio 1911 a Denver con Howard Hickman, che quattro anni dopo la lasciò vedova; nel ’22 con George Langford, che nel gennaio del ’25 morì per una ferita d’arma da fuoco; il 21 marzo del ’41 a Tucson con l’agente immobiliare James Lloyd Crawford, dal quale divorziò nel ’45; e l’11 giugno a Yuma col decoratore d’interni Larry Williams, per divorziare cinque mesi dopo. Non risulta abbia avuto figli.

Colpita da un tumore al seno, Hattie McDaniel morì all’età di cinquantasette anni, il 26 ottobre 1952, all’ospedale della Motion Picture House di Woodland Hills presso Los Angeles. Il suo desiderio d’esser sepolta all’Hollywood Forever Cemetery, dove si trovano le tombe dei più importanti attori, per la segregazione razziale ancora imperante venne disatteso, sicché fu inumata all’Angelus Rosedale Cemetery, dove la sua salma riposa tuttora.

La Hollywood Walk of Fame le ha dedicato due stelle: al 6933 dell’Hollywood Boulevard per le sue interpretazioni radiofoniche e al 1719 di Vine Street per quelle cinematografiche. Nel 2006 la zecca degli Stati Uniti le ha reso omaggio con un francobollo.

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