LE LUCI DEI GIGANTI

di Marina Garau Chessa

Il silenzio della città di notte, il rumore dell’acqua della pioggia sui vetri, il sapore dell’Abbardiente – acqua che arde- il profumo della carne, sono solo alcune delle esperienze sensoriali che Marco Pireddu descrive nel suo libro “Le luci dei giganti”. Il senso più importante, in questo caso, è probabilmente la vista: poiché è “un bagliore nella notte” ad innescare davvero tutta la vicenda. La luce e l’acqua sono, infatti, una sorta di filo conduttore.

Con uno stile sintetico e dialogico, quindi particolarmente diretto, l’autore ci porta in giro per la Sardegna insieme al suo gruppo di amici a bordo di una Fiat a volte poco collaborativa. Non si tratta, però, di una guida turistica: si tratta del racconto di un’esperienza spirituale in alcuni luoghi di quell’enorme patrimonio archeologico della Sardegna. Un’esperienza quasi sacra,  poiché non c’è niente di più sacro di ciò che ci avvicina alla terra.

Tra una risata ed uno spavento, una partita a morra e i dolci, una digressione storica ed una letteraria, una sosta in caserma ed un’escursione, viviamo insieme a loro luoghi come l’Altare Preistorico di Monte D’Accoddi, il Pozzo Sacro di Santa Cristina, Su Nuraxi, La Tomba dei Giganti e l’ambiente che li circonda. Chi conosce la Sardegna troverà un po’ di sé in ognuno di questi luoghi; chi ancora non la conosce ne avrà una fotografia chiara ed ancestrale, lontana dallo stereotipo vacanziero.

L’autore non ha trovato le risposte che cercava. Da lettrice non posso non pensare che sia una cosa irrilevante: in una terra che è riuscita a far convivere il paganesimo ed il cattolicesimo in un semplice concetto di spiritualità, il viaggio è sicuramente più importante della meta; le domande più delle risposte. Continuare a domandare, infatti, è l’unico modo per continuare a cercare ed a scoprire.

Ma d’altronde, come sottolinea Marco Pireddu citando D. H. Lawrence, “La Sardegna è un’altra cosa”.

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Un pensiero su “LE LUCI DEI GIGANTI

  • 30 Giugno 2017 in 17:29
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    Devo leggerlo! Penso anch’io che il percorso sia più importante della meta

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