DI MARE, DI INDIANI, BISONTI E D’AMORE

di Paola Piana

Stasera ho deciso di andare a passeggiare lungo la mia spiaggia preferita, l’ultima. Arrivo. Due auto parcheggiate. Troppe ! Una è occupata da una coppia che chiacchiera, l’altra è vuota.

A occhio, saranno pescatori, niente di che. Mi incammino, immersa nei soliti pensieri cupi, lungo il sentierino che conduce alla spiaggia. Mi attardo a scattare qualche foto a una distesa di enormi fiori fucsia, poi una grossa pietra con un buco attraverso il quale riesco a vedere il mare, attira la mia attenzione; infine raggiungo la spiaggia a passi lenti, trascinando un po’ i piedi, indolente, come il mio umore.

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Vengo superata da una famigliola tedesca, mi saluta con un sorriso, sorrido anch’io. Riesco ancora a sorridere, le buone maniere innanzitutto. Finalmente raggiungo la spiaggia e, di colpo, mi ritrovo in uno di quei film di Sergio Leone.

Spiaggia deserta, cielo cupo che non lascia presagire niente di buono, musica di Ennio Morricone e, davanti a me, lo scheletro di una capanna indiana, un teepee, una specie!

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La guardo da lontano e non credo ai miei occhi. Mi avvicino. Qualcuno ha intrecciato tra loro alcune canne, piantandole nella sabbia come se fossero lo scheletro di una tenda indiana, ha lasciato anche un’apertura rettangolare e, come per delimitarne la base, ha messo tante conchiglie tutte intorno.

Qua e là ha anche messo qualcuno di quei fiori fucsia, l’immagine è irreale. Vicino c’è un grosso tronco e, se socchiudo gli occhi li vedo, il capo mezzo indiano e mezzo sassarese che fuma il calumet della pace con il conquistatore di turno, avrei voglia di sedermi lì con loro!

La famigliola tedesca si tiene doverosamente a distanza. Aspetta con calma che io faccia tutte le foto che voglio, mi accorgo di questo gesto solo quando sollevo lo sguardo e li vedo lì vicino, con un sorriso gentile stampato sul viso.

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Sorrido imbarazzata e mi allontano, con la coda dell’occhio vedo che si avvicinano a quello strano accrocchio di canne, incantati anche loro. Riprendo a camminare, sollevo lo sguardo per ammirare la lunga spiaggia deserta e, sulla riva, in lontananza vedo uno strano animale sdraiato, vedo le corna bianche, il resto del corpo è scuro, sembra un bisonte.

Sì, è un bisonte, se c’è una tenda indiana perché non può esserci un bisonte, morto, sulla riva del mare? Mi avvicino per capire meglio, è un bellissimo tronco d’albero, giace disteso sul bagnasciuga con le sue corna bianche al sole e il resto del corpo bagnato dalle onde.

Chissà quanti bambini hanno cavalcato quel bisonte tenendosi per le corna quando era in vita! Per un attimo ho la tentazione di sedermi a cavalcioni ma il pensiero di bagnarmi le scarpe e i pantaloni mi fa desistere. I giochi, come i sogni, sono per i bambini. Decido di tornare indietro, percorro a ritroso il tratto di spiaggia, passo ancora davanti al teepee, mi fermo, scatto un’ultima foto: con il cielo grigio sullo sfondo le conchiglie e i fiori risaltano ancora di più.

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Uno sguardo al fiumiciattolo che scorre lì a fianco, le piogge di questi giorni l’hanno ingrossato ora è proprio bello! Non ho più voglia di scattare foto però, ho appena ricevuto il messaggio di un’amica che mi ha rasserenato!

Ritorno all’auto, i due ragazzi ridono divertiti, lui ha deciso di insegnarle a guidare, fanno il giro della rotonda, tutto bene, solo, al momento di fermarsi lei schiaccia il piede sul freno e le ruote si inchiodano sull’asfalto. Li vedo sobbalzare e ridere di gusto. Riparto. Nelle orecchie ancora la loro risata felice e spensierata, ma ormai è lontana, troppo lontana.

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