Antibiotici contro l'intolleranzaFrancesca ArcaLuoghi che fanno bene all'anima

CASTELSARDO: L’INTRECCIO ANTICO DI UNA STORIA SEMPRE NUOVA

di Francesca Arca

Castelsardo è un racconto, una storia da seguire passo dopo passo, immaginandola nella mente. Castelsardo è una trama di sensazioni diverse che si annodano una sull’altra come l’intreccio dei suoi cestini.

Chi decide di farla propria, per la vita o anche solo per un’estate, non può fare a meno di notare i suoi contrasti, quella gamma di colori in apparenza dissonanti che invece segnano il ritmo perenne di una bellezza senza tempo, nata per essere colta da qualsiasi occhio. Il segreto di questo antico borgo è forse proprio questo. Il volto e le sue braccia sono fatte per accogliere chiunque decida di abbandondarsi in quell’abbraccio. Castelsardo sa essere tutto e ogni suo scorcio è in grado di raccontare qualsiasi storia: la rocca imponente, le mura, la vista che si perde all’orizzonte e che cade a picco sul mare, trascinando con sé il fiato di chi guarda, i riti antichi che – nati in un passato lontano – si rinnovano ogni anno sempre uguali a se stessi, le spiagge ridenti di vita e sole, il vento invernale che spazza ogni ricordo.

ph. Sven Wolter – http://www.mediaeclipse.de/photo

Non si può dimenticare Castelsardo perché custodisce un tassello dell’essere profondo di ognuno. Camminando lungo le vecchie strade medievali tra le botteghe che traboccano la loro storia fin sulla via, intrecciata nei giunchi dei cestini colorati, tra i gatti che passeggiano sugli antichi ciotoli, si può ancora vedere qualcuno che siede sulla soglia della propria casa e ripara le reti dei pescatori. Il Castello, che ha resistito alle angherie della nemica salsedine grazie alla sua posizione sopraelevata, dal XII secolo domina il promontorio e difende non più i Doria ma la memoria del Museo dell’Intreccio Mediterraneo, dedicato alla certosina arte dei cestini e della loro sempiterna trama. Poco distante l’Archivio Storico e Biblioteca Comunale, con le sue sale raccolte e le volte in legno e pietra, rinnova la promessa di cultura che Castelsardo non tradisce mai, rendendosi teatro di importanti festival letterari.

ph. Domenico Angelo Fadda

Come “Un’isola in rete” che da anni affianca nomi di fama internazionale a promettenti autori emergenti. L’antico e il moderno si fondono ad ogni passo nei visi forti delle signore che, incrollabili come querce antiche, ricamano sulla via, e in quelli stupiti e attenti dei turisti che camminano col naso in su, osservando ogni particolare. Il passato dimora silenzioso e sicuro al fresco delle chiese. La Cattedrale di Sant’Antonio Abate mostra il corso dei suoi anni e delle sue vicende negli stili diversi che le danno anima e ospita al suo interno alcune opere del “Maestro di Castelsardo”.

La sua identità è andata perduta nel trascorrere del tempo ma l’arte che ha saputo esprimere è in grado di suscitare ancora attonita meraviglia. “La Madonna in trono col Bambino”  – collocata sull’altare maggiore e parte un retablo le cui altre parti sono conservate nel Museo Diocesano – è ancora oggi considerata una delle opere più importanti dell’artista. Ma ci sono anche le chiese che non ti aspetti, quelle medievali, senza facciata, senza fasti apparenti, come Santa Maria delle Grazie la cui entrata si colloca in un lato dell’edificio, al centro di tre arcate in pietra. Eppure all’interno fa mostra di sé la magnificente bellezza del Cristo Nero, “Lu Cristu Nieddu”, uno dei crocefissi più antichi della Sardegna, risalente al 1300. Chiamato così dal colore scuro che il legno di ginepro ha assunto con il passare degli anni, veniva spesso portato in processione nei periodi di calamità poiché si riteneva che fosse in grado di dispensare miracoli.

ph. Carlo Pelagalli

E proprio da Santa Maria delle Grazie, sede della Confraternita di Santa Croce, che inizia, alla fine della celebrazione della messa sull’altare del Cristo Nero, una delle processioni più suggestive e intense che la nostra isola possa vantare: la celebrazione del Lunissanti. Simbolo imperituro dei meravigliosi contrasti castellanesi, il Lunissanti fonde la tragicità della Passione di Cristo col risorgere della vita primaverile. Il Lunedì Santo i Misteri sfilano portati dagli “apostuli” che si alternano ai “cantori”. I confratelli procedono verso l’abbazia di Nostra Signora di Tergu; si muovono lenti nella loro tunica tradizionale: bianca con un cappuccio. Il canto continua costante segnando il percorso: “lu Miserere”, “lu Stabat”, “lu Jesu”. Una sosta per ogni canto fino all’arrivo. Dopo la messa, con i Misteri esposti davanti all’altare, i confratelli dividono il pasto sui prati davanti all’abbazia.

E’ il momento antico della primavera che ritorna, il profano che si lega al sacro, l’intreccio costante della vita che fiorisce che si alterna e si affianca alla sofferenza della Passione, e come in uno dei tanti cestini castellesi diventa profonda bellezza nel tempo. Poi di nuovo in processione verso la chiesa castellanese: Santa Maria delle Grazie, la chiesa sobria e riparata, perché le cose importanti non sono mai urlate, sono stabili e nascondo dentro di sé il tesoro del perdurare immutabile. I lampioni spenti e Castelsardo illuminata dai ceri dei confratelli che avanzano solenni tra le ali di folla, creano l’atmosfera del ritorno a casa dei Misteri.

ph. Tatyana Peshkova

Fino all’anno dopo e così ancora e ancora, davanti a visi sempre nuovi e diversi, accomunati dallo stesso stupore ammirato. L’antico che riposa accanto al moderno: le spiagge di Castelsardo e Lu Bagnu che si riempiono della chiassosa gioia del tempo estivo, la musica dei concerti ospitati in ogni piazza, le prelibatezze di una cucina che rende omaggio al profumo del mare pescoso. La Sardegna è una collana di gemme preziose nella quale Castelsardo, con i suoi chiaroscuri e i suoi contrasti, sa incastonarsi come una perla cangiante. Non c’è occhio che non ritrovi qualcosa di sé in questo luogo che è pagina di ogni storia, teatro di ogni racconto, dove il tutto raggiunge l’unità in un antico intreccio di vita che scorre.

Articolo pubblicato per la prima volta su ANTAS, anno III, n.13, settembre 2016

®Riproduzione Riservata

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *