LA TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE

di Giovanni Brianda

In questo periodo nella mia città, Sassari si parla finalmente di criminalità come di un problema da risolvere e non per “disprezzare” alcuni quartieri, nel caso specifico di una porzione del Centro Storico. Prima di assimilare il fatto che oggi quel quartiere sia il più degradato in città non potevano mancare le polemiche e le divisioni di tipo razziale ma anche le strumentalizzazioni politiche e chi più ne ha più ne metta. Il punto è che il degrado è evidente e leggibile dai dati della questura: affitti a nero, centro di spaccio, episodi di guerriglia urbana sempre più frequenti, mercato della prostituzione africana e minorile e quant’altro.

Il sindaco giustamente dice che Sassari non è Scampia, ma allo stesso modo bisogna riconoscere che i presupposti per un ghetto in stile Bronx si stanno verificando tutti: urbanizzazione fatiscente, abbandono e degrado delle palazzine, serrande commerciali abbassate, raggruppamenti etnici. Per qualcuno la cura è un rinforzo della presenza delle forze dell’ordine. Per qualcun altro sarebbe addirittura auspicabile l’intervento dell’esercito. Le forze politiche più a destra sognano di fare le ronde, ma credo che questo servirebbe solo a consumare scarpe e anzi a rischiare imbarazzanti scontri.

Parliamo di soluzioni o semplicemente di interventi di emergenza? Sì, ok, l’emergenza, e poi? Militarizziamo i quartieri fino a che la gente non sia stanca di delinquere?

Credo che qualche controllo in più possa solamente esser da deterrente per l’illegalità, almeno per quella perpetrata in pubblica strada, però poi dobbiamo pensare anche ad una soluzione definitiva.

Dagli anni ‘80 ad oggi ci sono stati diversi studi sociologici riguardo ai ghetti e ai quartieri malfamati, e quello che ritengo probabilmente più valido è quello della “teoria delle finestre rotte”. Si tratta di un articolo di scienze sociali di James Q. Wilson e George L. Kelling, pubblicato nel 1982, che dimostra come in effetti l’ambiente circostante favorisca atteggiamenti criminosi. Per ambiente circostante si intende varie cose, dai rifiuti per la strada alle auto parcheggiate in divieto, dalle scritte sui muri fino alle siringhe abbandonate nelle aiuole. Il nome della teoria suggerisce che il degrado urbano di una finestra rotta possa psicologicamente spingere a romperne delle altre, magari fare delle scritte sui muri e via via fino a rendere tutto l’ambiente degradato e ideale per attività di spaccio, prostituzione ecc…!

Un altro esempio sempre statunitense: nel ’94 il sindaco di New York R. Giuliani applicò la teoria delle finestre rotte per combattere il crimine nella metropolitana della città. L’operazione consisteva semplicemente nel far pagare il biglietto ai viaggiatori e nel ridipingere e aggiustare le stazioni della metropolitana. Questo bastò a cancellare l’idea che la metropolitana fosse una zona abbandonata e senza regole, producendo un crollo delle attività criminali.

Uno studio pubblicato su Nature nel 2017 da Christopher M. Sullivan e Zachary P. O’Keeffe riporta che la repressione di piccoli crimini, non accompagnata da altre contromisure, tra fine 2014 ed inizio 2015 abbia, al contrario, causato un incremento dei crimini maggiori. Insomma la repressione aggressiva di reati minori incita addirittura reati più gravi!

Per questo ritengo che la vera risposta per le zone a rischio delle nostre città e nello specifico per il nostro centro storico di Sassari sia un’attenta riqualificazione. I locali pubblici e privati devono osservare e rispettare le norme. La raccolta e lo spazzamento dei rifiuti devono essere efficaci. Le facciate devono essere ristrutturate. Ma – ancora più importante – bisogna dare un colpo di spugna a tutti i segni di illegalità: cancellare tutte le scritte, far sparire le siringhe e i vetri rotti delle bottiglie di birra. Ci vuole un’attenta illuminazione negli angoli più sensibili. Riparare i marciapiede rotti.

Ovviamente queste operazioni possono riuscire solo in sinergia con i solerti residenti dei quartieri trattati, cioè coloro ai quali importa che il loro quartiere sia sicuro e ben vivibile. Perché alla fine sono i residenti che possono fare la differenza, prima che questi abbandonino il quartiere per cercare nidi più accoglienti e sicuri! Rendere il quartiere più appetibile in senso residenziale in modo da combattere fisiologicamente l’affitto a nero, dare valore commerciale al quartiere rialzando quelle serrande ormai arrugginite e sporche da anni, favorire l’integrazione dei gruppi etnici più “difficili” mostrando loro una civiltà alla quale adeguarsi non può che portare vantaggi.

Ma questa deve essere solo la prima fase di un progetto ben più ambizioso, perché aggiustare le finestre rotte non farà scomparire dalla faccia della terra lo spacciatore, il topo di appartamenti o lo scippatore. Ripulire le strade di un quartiere potrebbe nascondere la sporcizia o semplicemente ramificarla fuori dal ghetto creando nuove cellule in altri quartieri. Dopo tutto è chiaro che il centro storico è solo l’epicentro di un problema sociale diffuso in tutta la città, a meno che non vogliamo pensare che lo spaccio del centro rifornisca solo tossicodipendenti del quartiere. Il progetto più ambizioso dovrebbe essere quello di diminuire sensibilmente questi soggetti, e per fare questo urge una seria lotta alle dipendenze, all’emarginazione, al disagio sociale e alle tristi storie familiari e di violenza privata. Insomma una civiltà sana produce città sane e viceversa.

La mia conclusione è che la soluzione per la nostra amata città sia la sua stessa bellezza. Un quartiere abitato, pulito, ricco di uffici pubblici e negozi diventa e rimane sicuro.

E per fare sì che questo diventi realtà ci vorrà tanta lungimiranza da parte della nostra politica, ma anche tantissimo amore verso la cosa pubblica, verso la bellezza dei nostri quartieri e della nostra cultura da parte di noi tutti. La civiltà è bellezza.

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Un pensiero su “LA TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE

  • 21 Ottobre 2018 in 20:51
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    Non solo Sassari. Io vivo a Tivoli. Credo che sia un problema comune a qualsiasi luogo in cui vivono degli esseri umani. Insegnare la bellezza ai bambini e agli adulti può salvare il mondo. Chi vive in mezzo al bello si sente meglio. Poi ovviamente serve tutto il resto ma già questo serve ad allontanare coloro che vogliono proliferare nella bruttura (d’animo). Viva chi si adopera per la cultura e la bellezza!

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