FANTASMI IN UN CLICK

di Francesca Arca

Che bella la voglia che il genere umano ha di classificare qualsiasi situazione della vita! In genere ogni cosa assume un connotato più serio se gli si dà un nome inglese. Se poi si parla di rapporti virtuali la cosa si fa ancora più gustosa.

E non a caso si parla di rapporti virtuali visto che pare che la gran parte delle nostre relazioni avvenga dietro un qualsiasi schermo luminoso. Non mi sento di dividere i rapporti tra le persone in reali e virtuali, come spesso sento fare, perché anche ciò che è virtuale attiene alla realtà.

È reale scambiare un’opinione con qualcuno, è reale provare simpatia o stima per qualcuno, anche se questo avviene senza il contatto fisico. Ci sarebbe da discutere sul perché alcuni di questi rapporti non abbiano l’ovvio passaggio successivo di una conoscenza che esca dall’ambito dello schermo, ma i fattori sono tanti e dovrebbe spiegarli qualcuno che ha quantomeno studiato psicologia.

Limitiamoci dunque a quello che accade e al nome che ha assunto in una classificazione che, partendo dai rapporti sociali quotidiani, si è estesa invece a quelli virtuali. Ghosting, Orbiting, Mosting, Zombieing… già i nomi suonano inquietanti. Ma osserviamoli meglio nello specifico.

GHOSTING:

Equivale allo sparire nel nulla, diventare dei fantasmi o far diventare l’altro un fantasma. Accade spesso che abbiate interagito con una persona per molti mesi, scambiandovi like, commenti, post, tag, poke e tutte le altre amenità che il social concede. Poi di botto più nulla. Vi ritrovare in quel limbo dei reietti abitato da essere invisibili che sono stati rimossi dalle amicizie e bannati. Perché? Nessuno lo sa. In genere succede quando si smette di compiacere l’altro. Quando si argomenta una posizione dissenziente oppure per qualsiasi altra uggia del nostro interlocutore che non ci vive più come simpatici adoratori del proprio ego ma solo come fastidio.

MOSTING:

può essere considerato una sottocategoria del ghosting. Siete vittime di mosting quando l’amicizia virtuale diventa più intensa tanto da sfiorare una sorta di innamoramento. L’interlocutore è una presenza quotidiana, vi adula, vi manda messaggi continui, si presenta come qualcuno che ha scelto di mettervi al centro del proprio mondo. Fino a che non si annoia. E allora click. Bannati. Perché? Accade normalmente che questo genere di persona abbia trovato qualcuno che ritiene più interessante per mille motivi: qualcuno che colmi fantasie sessuali, o semplicemente ha cambiato bersaglio.

ORBITING:

si parla di orbiting quando l’interlocutore non interagisce più con voi ma non vi cancella. Semplicemente si limita ad ignorarvi. Non risponde più ai vostri messaggi, non commenta più, non dà più segni di vita pur essendo online. Potete vedere tutto ciò che fa, ma semplicemente per lui non esistete più! Perché non vi cancella? Semplicemente perché si è dimenticato della vostra esistenza oppure solo perché non ha voglia di dare una spiegazione. Magari vi conosce anche nel quotidiano e sa che potrebbe avere a che fare con voi e a quel punto dovrebbe rispondere alla fatidica domanda: «perché mi hai cancellato da Facebook?». Quindi si limita a far finta che voi non esistiate sperando magari che siate proprio voi a fare il primo passo eliminandoli dai vostri amici.

ZOMBIEING:

capita a volte che gli interlocutori dai quali si è subito ghosting, mosting od orbiting di colpo si ricordino di noi. Così come sono scomparsi, ricompaiono dal nulla spesso facendo finta che niente di strano sia mai accaduto. Nel caso di precedente orbiting, si rifanno vivi solo quando si accorgono di essere stati eliminati. In genere in questi casi assumono un’aria particolarmente offesa. «Perchè mi hai cancellato?» E pur davanti alla spiegazione dettagliata di una mancata interazione precedente, dall’alto della loro clemenza fanno il “beau geste” di riammetterci nella loro cerchia di amici.

Gli psicologi dicono che essere vittime di questi comportamenti virtuali crea uno scompenso quasi identico a quello che si ingenererebbe se il comportamento fosse portato avanti nella vita quotidiana.

C’è comunque da dire che nella vita quotidiana avviene un po’ più di rado e con modi meno repentini e traumatici, poiché quasi sempre ci si attiene a regole sociali differenti. Tali convenzioni sociali saltano del tutto in ambito social.

Ecco che il lato più narciso viene fuori e assistiamo a cose che, guardate con occhio benevolo, appaiono abbastanza ridicole quando non puerili e immature, specie se sono atteggiamenti posti in essere da persone ampiamente adulte e non da ragazzini: profili doppi o tripli che nemmeno un divo di Hollywood, conteggio ossessivo dei like ricevuti, selfie compulsivi, post ogni mezz’ora.

Purtroppo questi atteggiamenti, lungi dall’essere efficaci da un punto di vista comunicativo, sono ben lontano dal senso di interazione che il social network dovrebbe avere ma assomigliano più al desiderio frustrato di esibizione, quasi il proprio profilo diventasse il palco di un teatro. Ma non siete al Metropolitan di New York, e forse non è nemmeno un teatro parrocchiale.

Il “ban” è uno strumento utilissimo, serve a bloccare le persone moleste, quelle che insultano, quelle che fanno cyber-bullismo, gli stalker. Quando inizia a diventare uno strumento per alimentare il proprio ego creandoci solo una finta bolla di consenso… beh allora non si parla più di ghosting, orbintig, mosting, zombieing.

Uno psicologo troverebbe certamente una definizione più appropriata della mia, ma non essendo io una psicologa tenderei a chiamarla solo “stronzaggine reiterata”, o “sindrome del disagiato cronico”.

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