MIMOSA? GRAZIE, NO!

di Paola Piana

Che tristezza “festeggiare” una data della quale tanto sai già che ci si ricorderà giusto il tempo di una battuta più o meno scherzosa, di un brindisi e di un augurio che non si avvererà.
Anche quest’anno , puntuali come ogni anno, festeggeremo, anche se non ho mai capito cosa ci sia da festeggiare, l’otto marzo. Ci sentiremo tutte libere e belle, autorizzate a starnazzare in giro per la città alla ricerca di quelle emozioni forti di cui tanto abbiamo sentito parlare nei vari social che seguiamo! E poco importa se libere non lo siamo mai state e, probabilmente, non lo saremo mai. Se prima di poter avere il permesso di uscire abbiamo dovuto preparare la cena per il consorte che altrimenti sarebbe rimasto male, poverino! Abbiamo anche lavato quei pochi piatti che abbiamo sporcato per preparargli da mangiare, perchè non vorremmo mai che gli venisse il malumore nel vedere le pentole sporche e nessuno a pulire come ogni sera!
E alla fine, sfinite dalla stanchezza e dai sensi di colpa, ci siamo preparate in fretta e truccate, non troppo per non destare la gelosia del nostro compagno, al limite l’ultimo ritocchino lo daremo in macchina, e siamo uscite.

Non senza aver promesso di farci sentire ogni tanto però, come quei bambini che escono per la prima volta con gli amichetti ma hanno il coprifuoco alle otto di sera e ogni dieci minuti devono farsi sentire altrimenti la mamma si preoccupa!
Che allegria ci può essere nel festeggiare, e di nuovo quel verbo così fuori luogo, una ricorrenza di morte? In questi giorni poi, così tristi per la morte di donne che lottavano per la propria libertà? Morte a causa di un delitto che ancora i nostri legislatori non hanno avuto il coraggio di chiamare con il proprio nome, femminicidio!

-Tragedia familiare! Tragedia della gelosia! Non sopportava l’idea che lei lo lasciasse! Era troppo innamorato! – Questi i titoli dei giornali.
Non è una tragedia, non è mai un incidente dovuto al caso, non è mai un uomo innamorato, è femminicidio, è l’omicidio di una donna studiato e architettato nei minimi particolari perchè chi uccide, l’uomo, non sopporta l’ idea di essere lasciato. Non tollera che una donna, la “propria” donna voglia ricominciare a vivere. Non sopporta il proprio fallimento! Non c’è amore in tutto questo ma solo bieco e malato egoismo!
E allora, scusate se non ho molta voglia di festeggiare; non che gli altri anni abbia fatto i salti di gioia, ma mai come quest’anno sento davvero questa data come una ricorrenza di morte.

Non abbiamo molte armi per combattere contro l’ignoranza, la prevaricazione, il maschilismo , ma una cosa sì che potremmo farla noi donne, potremmo imparare ad amarci, a rispettarci, come dicono le parole di una bellissima canzone. Siamo noi le artefici del nostro futuro, noi le padrone del nostro corpo e del nostro cuore. Quando avremo imparato questo, lo avranno imparato anche i nostri figli, gli uomini e le donne di domani.

Mentre qualcuno prova a vietare i libri della Pitzorno o il seguito di Frozen per un’assurda idea di gender, noi leggiamo quei libri ai nostri figli maschi e alle nostre figlie! Immaginiamo con loro un mondo in cui non ci siano prevaricazioni, un mondo in cui i ruoli non siano stabiliti in base al sesso ma in base alla libera scelta!
Un mondo in cui non esista il sesso debole. Un mondo in cui parità dei sessi non voglia più significare essere libere di ficcare dieci euro nelle mutande dello spogliarellista di turno una volta all’anno!
Un mondo in cui non si debba aspettare l’otto marzo per festeggiare il diritto ad essere felici!

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